L'EFFETTO ZEIGARNIK E IL TIME MANAGEMENT

di Staff di QualitiAmo

Come un compito interrotto possa influenzare la gestione del tempo"

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Un giorno del 1927, a Berlino, un folto gruppo di professori, dottorandi e studenti della vicina Università andarono in un ristorante e ordinarono ognuno una consumazione e una bevanda. Il cameriere si limitò a prendere nota di tutto mentalmente, non prendendo nessun appunto e i commensali pensarono che difficilmente si sarebbe ricordato tutto. Dopo una breve attesa, però, tutti ricevettero esattamente quello che avevano ordinato, anche chi aveva chiesto delle varianti alle pietanze. Quando uscì dal ristorante, la psicologa sovietica Bluma Wulfovna Zeigarnik, membro della Scuola di psicologia sperimentale di Berlino, si accorse di aver lasciato all'interno la sua borsa e tornò indietro per chiedere al cameriere dalla memoria prodigiosa se l'avesse trovata. Sorprendentemente, però, l'uomo sembrava non ricordarsi assolutamente di lei né di dove fosse seduta. "Com'è possibile che non ricordi nulla, proprio lei che ha una memoria prodigiosa?" chiese la psicologa. "Tengo a mente ogni ordine fino a quando non lo servo a tavola", rispose il cameriere. Kurt Lewin, professore di Bluma e pioniere della psicologia sociale, le spiegò di aver notato che i camerieri ricordavano meglio le ordinazioni non ancora pagate rispetto a quelle che potevano considerarsi concluse e questa osservazione portò la psicologa a interrogarsi sul fatto che i compiti non finiti avessero uno status differente all'interno della nostra memoria e, per questo motivo, venissero ricordati meglio.

Facendo una serie di esperimenti, Zeigarnik si accorse che tutti, più o meno, "funzioniamo" come il cameriere: le persone ricordano maggiormente i particolari delle attività che non sono ancora state completate, rispetto a quelle che hanno completato. Il fatto che il compito rimanga incompiuto per un certo periodo di tempo fa in modo che il ricordo venga immagazzinato nella memoria in un modo diverso e più efficace. Come ha spiegato più di recente la psicologa Stephanie Sarkis, il nostro cervello ha bisogno di chiudere il cerchio, di completare ciò che ha iniziato. Dal nome di chi l'ha scoperto, oggi questo concetto è noto come "effetto Zeigarnik" ed è estremamanete importante per il time management. Vediamo perché.

In uno studio a un gruppo di soggetti venne chiesto di completare un puzzle ma non venne dato loro abbastanza tempo per completarlo. Il novanta per cento dei soggetti del test decise di completare comunque il puzzle ben dopo che la ricerca si fu interrotta. Semplicemente non potevano lasciare il puzzle incompleto! Adesso sappiamo anche perché, quando una canzone alla radio si interrompe mentre la stiamo ascoltando, il nostro cervello continua a riproporcela nella testa, al fine di completarla. Questo approccio, che può sembrare controintuitivo, è un ottimo modo per saperne di più su come funzionano i nostri "ingranaggi" psico-cognitivi per farci aiutare nella nostra gestione del tempo.

Oggi questo principio, oltre che nell'istruzione, è applicato anche nella pubblicità e nelle serie TV. Avete presente le pubblicità basate su domande senza risposta come, ad esempio: "Vuoi risparmiare sul tuo piano telefonico? Scopri come fare andando sul sito XXY") o le serie TV che si basano sul "cliffhanger" che, letteralmente, significa restare appeso su un precipizio e identifica alla perfezione la sensazione di chi sta guardando una puntata della sua serie preferita e vede che si interrompe all'improvviso con un colpo di scena? Il principio è sempre lo stesso: quando si viene interrotti dopo che si è iniziato a fare qualcosa, diventa difficile concentrarsi su qualcos'altro fino a quando non si ricomincia a occuparsi dell'attività che si è lasciata a metà. Trattenere nella memoria un compito non completato ci provoca una sorta di ansia che impedisce al nostro cervello di concentrarsi efficientemente su altri processi cognitivi.

Se - una volta che abbiamo incominciato qualcosa - siamo più inclini a completarla, possiamo sfruttare l'effetto Zeigarnik per il nostro time management e per migliorare la produttività. Vediamo come.
Qualche tempo fa vi avevamo raccontato che, proprio quando non avete voglia di fare qualcosa, dovreste sforzarvi comunque e dedicarvi ad essa anche solo per pochi minuti senza procrastinare. La base del perché questo sforzo ripaga è proprio l'effetto Zeigarnik che porta una persona ad aumentare la sua motivazione a .completare un lavoro solo per il fatto di averlo inziato.

Anche la famosa tecnica che prevede di dedicarsi a un compito in maniera assolutamente focalizzata per un tot di minuti per poi prendersi una pausa e ricominciare nello stesso modo si basa sullo stesso effetto. Interrompere un compito allo scadere dei minuti previsti, qualunque cosa si stia facendo, ci mette nelle condizioni di non vedere l'ora di riprenderlo.

E ricordate quando vi abbiamo detto che un compito troppo gravoso può essere spezzettato in tante microattività più semplici da svolgere? Si tratta sempre dello stesso concetto: i grandi progetti ci creano stress, spezzettarli in tante parti permette di sentire che abbiamo fatto qualcosa e ci fa restare comunque focalizzati sull'obiettivo di lungo termine. Completare piccoli compiti rilascia nel cervello una piccola dose di dopamina che ci fa stare bene.

Altri esempi dell'effefto Zeigarnik nel time management? Tempo fa vi avevamo spiegato che, se vi viene in mente qualcosa mentre siete concentrati su un lavoro, dovete immediatamente prenderne nota su un foglietto a parte, in modo da poter liberare il cervello che smetterà di pensarci e vi permetterà di tornare a concentrarvi su quello che stavate facendo. Non prendendo nota immediatamente di ciò che vi è venuto in mente, la vostra memoria a breve termine continuerebbe a rubarvi energie mantenendo uno "spazio" occupato per ricordarvi ciò che non avete completato (in questo caso il cervello vive come "completato" un compito da svolgere che è stato annotato per non dimenticarsene). L'inconscio chiede alla mente consapevole di fare un piano e, una volta che il piano è nero su bianco, smette di ricordare al conscio che deve fare qualcosa. Non è importante che il piano sia dettagliato ma, semplicemente, che esista. A questo proposito, vogliamo raccontarvi un aneddoto che riguarda il famoso scrittore Ernest Hemingway. Quando sua moglie perse una valigia che conteneva le uniche copie di molti dei suoi scritti, Hemingway si rese conto di non essere capace di riscriverli, semplicemente perché erano stati cancellati dalla sua memoria in quanto considerati terminati. Ecco le parole, tradotte da noi, che lo scrittore ha usato:

"Alcune storie erano sulla boxe, altre sul baseball e altre ancora sulle corse dei cavalli. Sono le cose che conoscevo meglio, alcune relative alla Prima Guerra Mondiale. Scrivendole, avevo provato tutte le emozioni che avrei dovuto sentire relativamente a quelle cose e le avevo riversate in quelle pagine, così come tutte le conoscenze che avevo al riguardo. Le avevo scritte e riscritte fino a quando erano rimaste tutte sulla pagina ed erano uscite da me. Ho inziato a fare il giornalista che ero molto giovane e non sono mai riuscito a ricordare nulla una volta dopo averlo scritto; era un po' come se ogni giorno la scrittura mi permettesse di ripulire la memoria, così come si può cancellare una lavagna con una spugna".

Questo concetto ha effetto anche sull'apprendimento, dato che le nostre percezioni e la memoria tendono a colmare le lacune. Se vogliamo, dunque, che le persone ricordino concetti importanti, possiamo inquadrarli sotto forma di domande o sfide, il che spingerà il loro cervello a chiudere il cerchio e mantenere il concetto in primo piano fino a quando non sarà chiuso. Bluma Zeigarnik, che analizzava già i processi mnemonici negli anni '20 e '30, anticipando il lavoro della psicologia cognitiva che sarebbe venuta solo dopo, ipotizzò in quest'ottica che gli studenti ricordassero più cose se facevano pause frequenti mentre studiavano perché fermarsi mentre ci si dedica a un'attività aiuta a mantenere una continua tensione specifica verso quell'attività. In quest'ottica, è meglio dedicare allo studio di qualcosa che volete imparare un'ora al giorno per quattro giorni invece che quattro ore in una sola giornata. Un altro modo intelligente di ottimizzare il vostro tempo.

Se, poi, tendiamo al multitasking, la consapevolezza dell'effetto Zeigarnik potrà forse convincerci a concentrarci su una sola attività alla volta, visto che ogni nuova attività va vista, essenzialmente, come un'interruzione di ciò che veniva svolto in precedenza: un'intrusione cognitiva. Scegliendo di concentrarci su un singolo compito , riduciamo il sovraccarico cognitivo e "attacchiamo" un compito incompiuto alla volta per liberare spazio mentale per il successivo.

L'effetto Zeigarnik può anche aiutarci a sbloccare la nostra creatività per tirar fuori le idee migliori, basta iniziare a pensare a un argomento o a un problema irrisolto e poi fare qualcosa di non correlato in cui si possa lasciar vagare la mente come, ad esempio, lavare i piatti, pulire l'appartamento, fare una passeggiata senza telefono.

"Queste erano tutte situazioni che mi sono capitate durante la doccia, mentre guidavo, mentre facevo la mia passeggiata quotidiana e che alla fine ho trasformato in libri"
(Steven King)

L'ultimo "trucchetto" del time management che funziona proprio perché si basa sulla scoperta della nostra psicologa russa è quello di compilare, alla fine di una giornata, una lista delle cose che vogliamo fare il giorno dopo, organizzandole per priorità. Sarà un po' come averle iniziate e, indovinate un po', si torna ancora una volta al nostro effetto Zeigarnik! Organizzarsi in questo modo, infatti, isola ogni progetto da affrontare, calma il nostro subconscio e ci permette di lavorare in maniera più produttiva.

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Se possiamo utilizzare l'effeto Zeigarnik per migliorare la nostra gestione del tempo, attenzione a non farci mettere all'angolo dai suoi aspetti negativi. Vi abbiamo sempre detto che le distrazioni mentre si lavora fanno male e che dovreste concentrarvi per un certo periodo di tempo solo sul lavoro che state svolgendo, per poi fare delle reali pause. Come mai, in questo caso, le interruzioni non ci fanno tornare ai nostri compiti con ancora più voglia di terminarli? Perché, in realtà, interrompere un lavoro crea pressione a livello psicologico e un continuo distrarsi con notifiche, telefonate, colleghi che arrivano alla nostra scrivania porta questo stress ad accumularsi. Da una parte vi sembra di alleviarlo perché vi state concedendo una breve distrazione innocente ma, in realtà, state caricando il vostro cervello di pressione. Adesso capite perché esistono le notifiche e perché dovreste evitare di farvi continuamente interrompere da loro? Perché sono costruite per sfruttare l'effetto Zeigarnik!

Questa caratteristica psicologica, inoltre, ha un ruolo importante anche quando troviamo impossibile lasciare il lavoro in ufficio perché la mente è riluttante ad abbandonare, anche temporaneamente, qualsiasi compito incompiuto. Quando nemmeno a casa riuscite a smettere di pensare a quello che dovete fare, seguite un altro consiglio che vi abbiamo dato in passato: prima di lasciare l'ufficio, fate una bella lista di ciò che dovete affrontare l'indomani. Usate, insomma, la scoperta di Bluma Zeigarnik per migliorare la vostra gestione del tempo e non per peggiorarla!

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