L'APPROCCIO PER PROCESSI: UN'IDEA UNIVERSALE CHE HA ATTRAVERSATO I SECOLI

Nell'ambito della qualità sappiamo che risultati coerenti e prevedibili si ottengono più efficacemente quando le attività sono comprese e gestite come processi interconnessi. Ma quando è nata e come si evoluta nei secoli questa idea?

L'approccio per processi come idea universale che ha attraversato i secoli

Se lavorate nel quality management, conoscete bene l'approccio per processi come uno dei pilastri della ISO 9001. Ma vi siete mai chiesti come questa idea sia nata e si sia evoluta? La sua storia è molto più ricca e affascinante di quanto potreste immaginare: non è nata negli ambienti ISO ma è un'idea universale che ha attraversato secoli di pensiero umano, influenzando discipline apparentemente lontane dalla gestione della qualità.

Le radici Iiluministe dell'approccio per processi

La storia dell'approccio per processi inizia nel 1776, quando Adam Smith pubblicò "La ricchezza delle nazioni". Smith, osservando una fabbrica di spilli, ebbe un'intuizione rivoluzionaria: dividere un'attività complessa in operazioni semplici e sequenziali aumentava drasticamente l'efficienza. Un operaio che faceva tutto da solo produceva forse 20 spilli al giorno; dieci operai specializzati in fasi diverse ne producevano 48.000.

"Un uomo tira il filo del metallo, un altro lo tende, un terzo lo taglia, un quarto lo appunta, un quinto l'arrota all'estremità in cui deve farsi la testa; farne la testa richiede due o tre operazioni distinte, collocarla è un'operazione speciale, pulire gli spilli è un'altra, ed un'altra ancora è il disporli entro la carta"
(Adam Smith)

Questa osservazione conteneva il germe di tutto ciò che sarebbe venuto dopo: la sequenzialità logica aumenta l'efficienza.

Era nata l'idea che l'ordine delle diverse attività e i collegamenti tra le fasi creano valore aggiunto.

Le radici illuministe dell'approccio per processi

Il XIX secolo: quando la filosofia scoprì i processi

Mentre gli economisti riflettevano sulla divisione del lavoro, i filosofi stavano facendo una scoperta ancora più profonda. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, all'inizio dell'Ottocento, propose un'idea rivoluzionaria: la realtà stessa non è fatta di "cose", ma di processi. La sua dialettica (tesi-antitesi-sintesi) descriveva come ogni situazione contenga in sé i germi del proprio cambiamento, in un processo continuo di evoluzione.

Contemporaneamente, Charles Darwin stava osservando la natura con occhi nuovi. Nel 1859, con "L'origine delle specie", mostrò che l'evoluzione è un processo continuo dove ogni fase dipende dalle precedenti. Non ci sono, dunque, salti improvvisi ma trasformazioni graduali che producono cambiamenti radicali.

In medicina, Claude Bernard scoprì l'omeostasi: il corpo umano è un sistema di processi autoregolanti che mantengono l'equilibrio vitale.

Per la prima volta si capì che la realtà stessa è processo.

L'approccio per processi nel secolo XIX

L'inizio del XX secolo: dalla teoria alla pratica

Frederick Taylor, nel 1911, sistematizzò l'idea che ogni processo lavorativo avesse un "metodo migliore" individuabile scientificamente. Il suo "Scientific Management" portò l'approccio per processi dalle fabbriche di spilli alle linee di montaggio moderne.

Henri Fayol, quasi contemporaneamente, scoprì che anche il management è fatto di processi interconnessi: pianificare, organizzare, dirigere, coordinare, controllare. Sono le stesse funzioni che oggi riconosciamo nella gestione per processi della ISO 9001.

Ma non erano solo gli ingegneri a pensare ai processi. Sigmund Freud stava scoprendo che anche l'inconscio segue processi identificabili e prevedibili e Ferdinand de Saussure rivelava che il linguaggio stesso è un sistema di processi capaci di dare significato. Persino l'arte, con il Bauhaus di Kandinskij, iniziava a concepire la creazione come processo metodico, illustrando la sequenza di azioni sinestetiche attraverso le quali tonalità e forme generano risonanze emotive.

"Il colore è il tasto, l’occhio il martelletto, l’anima è il pianoforte dalle molte corde"
(Vasilij Kandinskij)

La metà del XX secolo: nasce il pensiero sistemico

Gli anni '40 portarono una rivoluzione concettuale. Ludwig von Bertalanffy introdusse la teoria generale dei sistemi: le organizzazioni non sono collezioni di parti, ma sistemi aperti dove tutto è interconnesso attraverso processi.

Norbert Wiener, con la Cibernetica, aggiunse un elemento fondamentale: il feedback. I processi non sono lineari, ma ciclici, si autoregolano attraverso meccanismi di controllo. Concetti che oggi ritroviamo nel ciclo PDCA di Deming.

Alan Turing, nel frattempo, stava dimostrando che ogni problema complesso può essere scomponibile in processi semplici. Nasceva l'informatica, basata interamente su algoritmi, cioè su sequenze di processi interconnessi.

L'idea fondamentale era diventata: tutto è un sistema di processi interconnessi. L'interconnessione è più importante delle singole parti.

La rivoluzione della qualità (1950-1980)

Qui arriviamo ai giganti che ogni professionista della qualità conosce. W. Edwards Deming portò il pensiero statistico nei processi, creando il famoso ciclo PDCA (Plan-Do-Check-Act). La sua intuizione era potente: ogni processo deve essere ciclico e auto-migliorante.

Joseph Juran sviluppò la "Trilogia della qualità" (pianificazione, controllo e miglioramento) sempre centrata sui processi. Kaoru Ishikawa creò strumenti pratici come il diagramma causa - effetto per analizzare i processi.

La grande scoperta di questo periodo fu che i processi devono migliorare continuamente. Il miglioramento del processo divenne più importante del risultato singolo.

La rivoluzione della qualità

Parallelamente, Jean Piaget scopriva che anche lo sviluppo cognitivo umano segue processi sequenziali inevitabili. L'apprendimento stesso è un processo che ha le sue regole.

Gli anni '80-'90: standardizzazione e reengineering

Fu in questo periodo che l'approccio per processi entrò ufficialmente nel mondo della qualità. Le normative della famiglia ISO 9000 richiesero che i processi fossero documentati e riproducibili. L'idea era rivoluzionaria: i processi devono essere standardizzati e replicabili.

Contemporaneamente, Michael Hammer e James Champy scossero il mondo aziendale con il "Business Process Reengineering". La loro proposta era radicale: non migliorare i processi esistenti, ma riprogettarli completamente.

L'organizzazione iniziò a essere vista come l'insieme dei suoi processi. Non più strutture gerarchiche, ma flussi di valore.

L'era digitale: processi intelligenti

Oggi viviamo l'ultima evoluzione. I processi non sono più solo sequenze da seguire, ma possono essere intelligenti e adattivi. L'intelligenza artificiale permette ai processi di auto-ottimizzarsi, le neuroscienze ci mostrano che la mente stessa è una rete di processi paralleli, l'ecologia ci insegna che la sostenibilità dipende dall'equilibrio dei processi sistemici.

I processi si evolvono autonomamente e si adattano.

La qualità nell'era digitale

L'eredità universale

Cosa ci insegna questo viaggio attraverso i secoli? Che l'approccio per processi non è solo una tecnica manageriale, ma uno dei modi più intelligenti che l'umanità ha sviluppato per comprendere e gestire la complessità.

Le tre grandi idee che attraversano questa lunga carrellata di anni sono:

  • sequenzialità: l'ordine delle azioni determina l'efficacia
  • interconnessione: le parti esistono solo in una relazione sistemica
  • miglioramento: ogni processo deve evolversi continuamente

Quando oggi implementiamo la ISO 9001 e parliamo di approccio per processi, stiamo utilizzando un patrimonio di conoscenze che ha richiesto 250 anni per svilupparsi, attraversando filosofia, scienze naturali, psicologia, arte, informatica.

È un'idea che ha dimostrato la sua universalità perché riflette qualcosa di fondamentale su come funziona il mondo. E forse, comprendendo questa ricchezza storica, possiamo applicare l'approccio per processi con maggiore consapevolezza e efficacia, sapendo di essere parte di una tradizione di pensiero che va molto oltre i confini della gestione della qualità.

Il futuro dell'approccio per processi? Probabilmente verso processi sempre più intelligenti, adattivi e sostenibili. Ma le basi, quelle costruite in due secoli e mezzo di evoluzione del pensiero umano, resteranno solide.

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