ISO 45001: ELIMINARE I PERICOLI PER LA SICUREZZA CON LA PROGETTAZIONE E LA CULTURA
La riprogettazione dei processi e dei layout, i modelli di comportamento e le spinte gentili verso la sicurezza sono il modo migliore per eliminare i pericolie

"L'unico modo per ridurre il rischio a zero è eliminare il pericolo"
(Ian Sutton, dal saggio "Inherent Safety: Eliminate")
"La sicurezza è una proprietà del sistema, non una proprietà dei componenti e deve essere controllata a livello di sistema, non a livello di componente"
(Nancy G. Leveson, dal libro "Engineering a Safer World")
Per anni, la gestione della sicurezza sul lavoro si è spesso accontentata di un compromesso: segnalare il pericolo anziché eliminarlo. Cartelli, avvisi, procedure e dispositivi di protezione individuale sono diventati lo standard, quasi una scorciatoia accettata tra la complessità della progettazione e l’urgenza richiesta.
Secondo la ISO 45001, però, la gerarchia dei controlli è chiara: l’eliminazione del pericolo è la prima scelta da perseguire, non l’ultima spiaggia dopo che tutto il resto ha fallito. Eppure, nella pratica quotidiana, troppo spesso si scivola nella zona grigia della “gestione del rischio residuo”, dimenticando che ogni rischio non eliminato oggi può trasformarsi in un incidente domani.
Puntare alla rimozione totale del rischio significa cambiare mentalità, fondere progettazione tecnica e cultura organizzativa e spingersi oltre la logica del “contenere” per abbracciare quella del “trasformare”.
Cosa dice la ISO 45001
Il punto 8.1.2 della ISO 45001:2018 è cristallino nel delineare le priorità nella gestione dei rischi per la salute e sicurezza sul lavoro: la prima azione da intraprendere è l’eliminazione del pericolo stesso. Solo in seconda battuta, qualora l’eliminazione non sia ragionevolmente praticabile, si passa alla sostituzione con alternative meno pericolose, poi a misure ingegneristiche, organizzative e infine, come ultima risorsa, all’impiego dei dispositivi di protezione individuale (DPI).
Questa gerarchia dei controlli non è una semplice lista di opzioni: è una logica di intervento, un vero e proprio principio guida.
Purtroppo, nella pratica quotidiana, la sequenza viene spesso ribaltata. Troppo frequentemente ci si rifugia nei DPI e nella formazione, saltando i livelli superiori per ragioni di costo, di tempo o di semplice inefficienza. Ma ogni volta che non si agisce alla radice del problema, si accetta di convivere con il rischio.
Il messaggio della norma è chiaro: non si può considerare adeguato un sistema di gestione della sicurezza che salti la fase dell'eliminazione senza una giustificazione concreta e documentata.
Progettare per eliminare il pericolo
L’eliminazione dei pericoli è, spesso, un’operazione ingegneristica concreta, che richiede un ripensamento dei processi, degli investimenti in tecnologia e un approccio sistemico alla progettazione. È qui che entra in gioco il cosiddetto “lato hard” della sicurezza: soluzioni fisiche, tecniche e strutturali in grado di cancellare alla radice l’esposizione al rischio.

Il principio di "Inherently Safer Design" consiste nel progettare i processi, gli impianti e gli ambienti in modo che il rischio non si generi mai. Ad esempio, si può pensare di sostituire una sostanza chimica tossica con una alternativa che sia innocua, prima ancora di pensare a come gestire quella pericolosa. L’obiettivo non è aggiungere controlli, ma semplificare il sistema in modo che il pericolo non sia presente fin dall’inizio.
Il progresso tecnologico offre oggi opportunità straordinarie per eliminare completamente l’interazione uomo-pericolo. Tra le soluzioni più efficaci troviamo: la robotica per automatizzare attività ripetitive, pericolose o faticose, i controlli da remoto che, grazie ai sensori IoT e alle telecamere industriali, è possibile monitorare ambienti pericolosi senza una presenza fisica. Anche la realtà aumentata consente di simulare interventi e di addestrare gli operatori senza mai esporli direttamente al pericolo reale. Tutte queste tecnologie spostano la sicurezza “a monte”, permettendo di progettare sistemi che non richiedano più barriere o DPI ma che prevengano del tutto l’interazione rischiosa.
La cultura della sicurezza come leva primaria
Se l’ingegneria elimina i pericoli fisici, la cultura della sicurezza elimina quelli comportamentali e legati alle decisioi. Nessuna soluzione tecnica, infatti, sarà mai davvero efficace se non è accompagnata da una cultura che supporti, consolidi e moltiplichi le buone pratiche, trasformandole in abitudini collettive.
L’eliminazione dei pericoli, infatti, non è solo una scelta progettuale ma un modo di pensare e come ogni mindset, richiede formazione, coerenza e coinvolgimento. Le organizzazioni più avvedute adottano modelli di leadership distribuita, in cui ogni lavoratore è un attore attivo della prevenzione. I team diventano self-managed, con la capacità di prendere decisioni operative che favoriscano l’eliminazione del rischio, senza attendere input gerarchici.
Questa leadership diffusa permette di intercettare i pericoli nascosti e di proporre soluzioni concrete prima che si trasformino in incidenti.
Le persone modellano i propri comportamenti su ciò che vedono fare dai colleghi, più che su ciò che viene detto loro. La pressione del gruppo può essere più efficace di qualsiasi procedura scritta. Creare una cultura in cui il comportamento sicuro è la norma percepita (e non l’eccezione) genera un effetto “domino” positivo. In questo contesto, l’eliminazione del rischio non è solo una decisione tecnica, ma una prassi che si rafforza nel tessuto quotidiano delle relazioni.

I cartelli “Pericolo” o “Attenzione” sono utili, ma non modificano in profondità il comportamento. Per creare un cambiamento duraturo, è necessario agire sui meccanismi psicologici che guidano le scelte. È qui che entra in gioco il "nudge", ovvero la spinta gentile:
- posizionare materiali, attrezzature e DPI in modo intuitivo e accessibile
- usare segnali visivi chiari e integrati nel contesto (non solo affissi)
- rinforzare positivamente i comportamenti sicuri con feedback immediati
- applicare tecniche di priming ambientale: ad esempio, luci, colori o suoni che anticipano situazioni a rischio e favoriscono scelte volte a proteggere la salute e la sicuurezza dei lavoratori
Non basta progettare soluzioni brillanti: devono essere comprese, condivise e adottate dalle persone che vivono quotidianamente i processi.
Indicatori
Eliminare i pericoli è un’azione nobile, ma senza misurazione non diventa una leva di miglioramento sistemico. Gli indicatori servono per capire dove siamo, quanto stiamo progredendo e dove concentrare gli sforzi.
In particolare, in un approccio integrato engineering-culture, è fondamentale adottare sia indicatori tecnici sia culturali, monitorando non solo ciò che accade, ma anche ciò che può accadere.
Tra i leading indicator relativi ai rischi rimossi (gli indicatori predittivi che ci dicono quanto stiamo investendo nella prevenzione prima che si verifichi un evento negativo) i migliori sono:
- numero di pericoli eliminati alla fonte (non gestiti, non trasferiti: rimossi) su base mensile o trimestrale
- tempo medio di rimozione del rischio, ovvero quanto passa tra l’identificazione e la completa eliminazione
- percentuale di progetti ingegneristici avviati con analisi di eliminazione preventiva rispetto al totale
- proposte di rimozione pervenute dai lavoratori (es. idee raccolte durante le gemba walk, con gli eventi kaizen o durante gli audit interni)
