L’INCERTEZZA COME RISORSA: NUOVE PROSPETTIVE PER LA GESTIONE DELLA QUALITA'
Ispirato a 'Uncertain' di Maggie Jackson, l'articolo propone 5 modi concreti per integrare l'incertezza nel quality management moderno

Maggie Jackson è una giornalista e saggista, nota per i suoi scritti su scienza, tecnologia, etica e società. Nel suo libro "Uncertain", pubblicato nel 2023 in un contesto post-pandemico, c'è una citazione che ci ì sembrata molto interessante: "L'intuizione è niente di più e niente di meno che riconoscimento". Spesso ci affidiamo all’esperienza o al “fiuto” degli operatori o dei leader nei momenti critici ma quell’intuizione non è magia: è il risultato di anni di un'esposizione a modelli, segnali deboli, contesti operativi. Per questo, lavorare sull’incertezza non significa affidarsi al caso ma sviluppare contesti in cui possa emergere il riconoscimento rapido di anomalie, incoerenze o cambiamenti.
Il sistema decisionale degli esperti è rapido, automatizzato e affidabile. Immagina il pronto soccorso: per affrontare situazioni critiche in modo efficace, il medico deve essere capace di valutare la situazione e indicare il da farsi quasi nell’immediato. Un altro esempio? I capisquadra dei vigili del fuoco prendono circa l’80% delle decisioni strategiche in meno di sessanta secondi. Questa prontezza nel reagire non è improvvisata: è una competenza affinata con l’esperienza, una caratteristica che impariamo a riconoscere e sulla quale facciamo spesso affidamento.
Rispondere ai cambiamenti e ai problemi richiede la pratica del thinking in action, cioè del pensare mentre si agisce, attivando le scorciatoie mentali che ci portano a scegliere la possibilità più vantaggiosa. La nostra mente ha a disposizione un catalogo di possibilità che abbiamo già sperimentato e che sappiamo padroneggiare, informazioni che abbiamo memorizzato in maniera specifica, frammentandole in modo che sia possibile ricomporle in un attimo.
Nel libro la Jackson parla dell'incertezza come di qualcosa in base al quale occorre allenarsi per sviluppare la creatività, l'apprendimento e l'innovazione anche perché il bisogno di controllo e di risposte rapide spesso ci porta a errori sistematici di giudizio, semplificazioni pericolose e decisioni sbagliate.
Nel mondo del quality management, siamo spesso portati a cercare il controllo totale: standard, procedure, indicatori precisi. Ma cosa succede quando la realtà non collabora, le variabili sono complesse e le risposte non sono univoche? Chi si occupa di qualità dovrebbe ricordare che non si deve puntare all'idea dell'assenza di errori ma che occorre sviluppare, invece, la capacità di lavorare in presenza di variabili.
Con i consigli di Maggie Jackson possiamo provare ad abbracciare l’incertezza come leva di miglioramento, non come ostacolo da eliminare. A noi sono venuti in mente 5 modi concreti per farlo. vediamoli insieme.
Trasformare le non conformità in domande intelligenti
Tendenzialmente, le non conformità si rilevano, si correggono e si chiudono. Ma cosa succederebbe se, partendo da questi comportamenti non previsti dei processi iniziassimo ad esplorare le zone grigie sulle quali non ci siamo mai soffermati?
Iniziate a includere nei vostri report di non conformità domande come: “Cosa non sappiamo ancora su questo problema?” e iniziate ad analizzare i problemi non solo per trovare la causa che li ha scatenati ma anche per individuare la struttura dell'incertezza che li circonda: dati incompleti, indicatori fuorvianti, informazioni ambigue.
Strumenti come i 5 perché, il diagramma di Ishikawa o l'analisi FMEA presuppongono che la causa di un problema sia sempre conoscibile, misurabile e lineare ma nella realtà alcune non conformità emergono in contesti ambigui, i dati possono essere parziali o contraddittori, gli indicatori usati per monitorare il processo sono spesso fuorvianti o decontestualizzati e ci possono essere interazioni complesse tra le variabili che sfuggono all’analisi standard.
Se, ad esempio, è avvenuta una non conformità ma i dati a disposizione sono limitati (mancano timestamp, report, log, ecc.) possiamo farci una domanda utile: "Quali dati ci mancano per capire davvero cosa è successo?"
Un'altra domanda utile quando esaminiamo le cause di una non conformità è: "Possiamo mappare la rete di fattori che ha favorito la non conformità, anche se non sono colpevoli diretti?"
Allenare le persone a gestire le ambiguità
Molte persone si bloccano davanti a situazioni non previste perché non sono state abituate alla flessibilità cognitiva come competenza della qualità. Per aiutarle, provate a inserire durante le vostre abituali sessioni di formazione delle simulazioni con scenari ambigui per promuovere discussioni sulle zone grigie dei processi (ad esempio quando due procedure si sovrappongono o sono in conflitto).
Mappare le incertezze insieme ai rischi
Troppo spesso il risk assessment si basa su ipotesi di eventi conosciuti. Perché non aggiungere all'analisi FMEA o all'analisi SWOT una sezione di incognite rappresentate dai fattori che potrebbero emergere, dai dati insufficienti o dai rischi sistemici?
Iniziate a trattare l'incertezza come un elemento da monitorare, non da ignorare perché nella realtà ci troviamo sempre più spesso ad avere a che fare con scenari complessi, dove:
- le variabili cambiano velocemente
- le interdipendenze non sono sempre evidenti
- i segnali deboli vengono ignorati
- i dati possono essere parziali o contraddittori
Ecco perché serve aprire nel risk assessment uno spazio esplicito all’incertezza.
Le incognite note sono rischi o aree grigie che sappiamo di non conoscere bene. Non si tratta di mere supposizioni ma di zone d’ombra consapevoli. Alcuni esempi possono essere: "Non abbiamo dati aggiornati su questo fornitore", "Non conosciamo l'impatto reale di questa nuova tecnologia", ecc.
Monitorare l'incertezza è diverso dall'ignorarla perché permette di tenere aggiornate le zone grigie con un riesame periodico e di assegnare responsabili alla gestione delle incognite.
Sperimentare in piccolo
Il ciclo PDCA può diventare uno strumento per scoprire cose nuove se si accetta di non sapere tutto prima di agire. Per testare le modifiche di processo si possono implementare esperimenti a basso rischio, su piccole aree per apprendere e fare in modo che le persone possano tranquillamente segnalare dubbi o problemi.
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