SE I VOSTRI INDICATORI NON VI SPAVENTANO, SONO INUTILI
E' importante avere il coraggio di misurare ciò che conta davvero

La cosa più pericolosa nell'ambito della qualità e della ISO 9001 è misurare con precisione la cosa sbagliata.
C'è qualcosa di profondamente rassicurante negli indicatori che utilizziamo da anni. Come una vecchia coperta, ci avvolgono in una sensazione di controllo e prevedibilità. Ma è proprio questa familiarità a renderli pericolosi.
Gli indicatori comodi sono quelli che:
- confermano ciò che già sappiamo
- non mettono mai in discussione lo status quo
- sono facili da raggiungere e mantenere
- non provocano discussioni scomode
Non c'è nulla di male se sono la nostra prima scelta perché tendiamo naturalmente a cercare conferme delle nostre convinzioni e non e metterle in discussione. Nel contesto aziendale, questo si traduce nella scelta di indicatori che:
- mantengono una parvenza di controllo
- non minacciano le strutture di potere esistenti
- permettono di riferire "buone notizie" ai piani alti
- evitano di sollevare questioni spinose
Se, però, non abbiamo il coraggio di cambiare la nostra scelta, il prezzo da pagare si manifesterà in:
- opportunità di miglioramento perse
- problemi che emergono solo quando è troppo tardi
- competitività erosa nel tempo
Gli indicatori tradizionali creano una pericolosa zona di comfort. Prendiamo il caso di Kodak. I loro indicatori mostravano un'azienda sana: quote di mercato dominanti, margini eccellenti, clienti soddisfatti. Eppure, nessuno di questi indicatori "comodi" ha saputo prevedere la rivoluzione digitale che avrebbe spazzato via il loro modello di business.
Per uscire da questa trappola, dobbiamo avere il coraggio di chiederci: i nostri indicatori ci stanno davvero dicendo ciò che dobbiamo sapere, o solo ciò che vogliamo sentire?
Gli indicatori che spaventano
Gli indicatori veramente efficaci hanno qualcosa in comune con la medicina preventiva: a volte sono amari da ingoiare ma ci mantengono sani nel lungo periodo. Ma cosa rende un indicatore "scomodo"?
Immaginate un elastico: senza tensione è inutile, con troppa tensione si spezza. Gli indicatori più efficaci funzionano allo stesso modo, creando la stessa "tensione". Questi indicatori:
- evidenziano il divario tra la realtà attuale e gli obiettivi
- mettono in discussione ciò che diamo per scontato
- rivelano le vulnerabilità nascoste
- stimolano discussioni costruttive
Ad esempio, invece di misurare semplicemente il numero di non conformità chiuse, un indicatore scomodo potrebbe tracciare il "tempo di sopravvivenza" delle azioni correttive - ovvero quanto a lungo le soluzioni implementate rimangono efficaci prima che lo stesso problema si ripresenti. Un altro esempio? Invece di misurare la percentuale di dipendenti formati, potremmo valutare quanti di loro sono effettivamente in grado di gestire situazioni critiche in perfetta autonomia.
Per identificare indicatori capaci di dirci realmente quello che abbiamo bisogno di sapere, dobbiamo porci domande scomode:
- "Questo indicatore ci dice qualcosa che non sapevamo già?"
- "Rivela aree di vulnerabilità che preferiremmo ignorare?"
- "Ci costringe a mettere in discussione pratiche consolidate?"
- "Genera conversazioni difficili ma necessarie?"
Quando un'organizzazione decide di adottare KPI realmente sfidanti, innesca un processo simile all'allenamento di un atleta: il disagio iniziale è il prezzo da pagare per una performance superiore. Gli indicatori capaci di spaventarci, infatti, creano le condizioni necessarie per la crescita. È un po' come la differenza tra allenarsi per una maratona o per una passeggiata nel parco: l'obiettivo più ambizioso attiva risorse e una creatività che altrimenti rimarrebbero dormienti.
Costruire un cruscotto che "faccia paura"
"Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili"
(Lucio Anneo Seneca)
Il metodo più efficace per individuare indicatori davvero significativi è la "tecnica dello scenario peggiore". Funziona così:
- immaginate il peggior disastro possibile per la vostra organizzazione
- risalite a ritroso identificando i segnali premonitori
- trasformate questi segnali in indicatori misurabili
Un altro metodo utile è questo: invece di chiedersi come migliorare del 10%, chiediamoci cosa dovremmo fare per migliorare del 1000%. Ad esempio:
- invece di "ridurre i reclami del 5%", puntare a "zero ripetizioni dello stesso reclamo"
- anziché "aumentare la produttività del 3%", mirare a "raddoppiare l'output con le stesse risorse"
- non "ridurre gli sprechi del 10%", ma "eliminare completamente una categoria di spreco"
Come sappiamo, l'efficienza consiste nel "fare le cose bene", mentre l'efficacia nel "fare le cose giuste". Un cruscotto equilibrato deve monitorare entrambi gli aspetti:
- strategia (20% degli indicatori)
- indicatori di innovazione
- indicatori di posizionamento competitivo
- KPI di sostenibilità del business
- operatività (40% degli indicatori)
- indicatori di processo
- Indicatori di efficienza
- KPI di qualità
- predittività (40% degli indicatori)
- segnali deboli di cambiamento
- indicatori di rischio emergente
- indicatori di trend
Dalla misurazione all'azione
La differenza tra un'organizzazione che semplicemente misura e una che migliora sta nella capacità di tradurre i numeri in azioni.
Per trasformare gli indicatori in paini d'azione concreti, si può usare il metodo "OODA" (Observe, Orient, Decide, Act):
- Observe (Osservare)
- analizzare i trend degli indicatori
- identificare i pattern ricorrenti
- raccogliere feedback
- Orient (Orientare)
- contestualizzare i dati
- valutare le implicazioni
- mappare le interdipendenze
- Decide (Decidere)
- dare una priorità agli interventi
- definire obiettivi SMART
- allocare risorse
- Act (Agire)
- implementare soluzioni
- monitorare risultati
- adattare l'approccio
Conclusioni
La vera misura del successo non sta nella nostra capacità di raggiungere obiettivi confortevoli ma nel coraggio di perseguire quelli che ci mettono in discussione.
Gli indicatori che ci fanno sentire a disagio sono come uno specchio che riflette, non solo ciò che siamo, ma, soprattutto, ciò che potremmo diventare. Non sono nemici da evitare, ma alleati preziosi nel percorso verso l'eccellenza.
Ricordate che:
- il disagio è un segnale di crescita potenziale
- gli indicatori che ci disturbano spesso rivelano opportunità nascoste
- la resistenza al cambiamento è energia che può essere incanalata
- le discussioni difficili generano le intuizioni più preziose
- la verità è sempre più economica della finzione
- ignorare i segnali scomodi costa più che affrontarli
- la trasparenza costruisce fiducia ed engagement
- la realtà, per quanto sfidante, è sempre gestibile
- il cambiamento richiede coraggio
- non basta implementare nuovi indicatori, bisogna viverli
- il comfort è il nemico del miglioramento
- l'eccellenza è un viaggio, non una destinazione
Concludiamo con una domanda provocatoria: i vostri indicatori vi fanno dormire sonni tranquilli? Se la risposta è sì, forse è il momento di chiedersi se state misurando le cose giuste.