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QualitiAmo - Stefania Moderatore

Registrato: 16/09/07 18:37 Messaggi: 26638
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Inviato: Mer Feb 16, 2011 10:41 am Oggetto: Posti di lavoro che nessuno vuole? |
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L’Istat pubblica ogni tre mesi uno studio sui posti di lavoro vacanti nelle imprese dei servizi e dell’industria. Nel numero di febbraio, "Business People" ci informa che alla fine del 2010 in Italia c’erano un po’ più di 45 mila posti di lavoro che nessuno voleva occupare.
Dunque qual è il corto circuito che impedisce alla domanda e all’offerta di lavoro di incontrarsi? Il problema, spiega il mensile, risiede nelle competenze. Manpower Italia, ad esempio, informa che i datori di lavoro lamentano spesso la carenza di un sistema di capacità nelle risorse che cercano lavoro e che nel 2010 il 31% di loro non è riuscito a trovare le risorse adatte da inserire in alcuni posti di lavoro.
In altre parole, mancano sia le competenze specifiche sia tutte quelle competenze cosiddette soft (leadership, comunicazione, resilienza, comprensione olistica, ecc.) che nel mercato attuale sono necessarie per poter aiutare le imprese a vincere ogni giorno nel proprio settore di riferimento.
Recentemente, ad esempio, una ricerca di lavoro prevedeva 12 figure disposte ad andare all’estero e che conoscessero bene l’inglese. In Lombardia si sono candidati 120 laureati e solo il 15% di loro conosceva la lingua. Incredibile, vero?
Le imprese sono alla ricerca di persone che siano in grado di gestire un cliente, argomentare e gestire una situazione con competenza e professionalità e questi profili sembrano davvero rari.
Cosa ne pensate e quanti di voi sono andati a cercare in rete il significato di resilienza (capacità di resistere alle avversità, di riprendersi da situazioni critiche) e comprensione olistica (capacità di comprendere un sistema nella sua interezza)? |
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mascalzone79 Masaniello della qualità

Registrato: 03/09/09 17:59 Messaggi: 1347
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Inviato: Mer Feb 16, 2011 11:57 am Oggetto: |
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Io sono del parere che a volte le aziende, in fase di ricerca del personale, si arroccano troppo nelle loro posizioni, ovvero "io ho un'idea in testa, e quella mi rimane". Davanti ad un profilo interessante, una persona motivata, volenterosa, desiderosa d'imparare cose nuove, magari vanno a vedere se la laurea è stata conseguita con 100 piuttosto che 110 e lode con bacio accademico.
Così facendo, figure professionali valide, che possono offrire realmente un valore aggiunto alle aziende, finiscono per essere scartate perché secondo l'azienda manca quella competenza specifica che loro richiedono, e sulla quale non desiderano discutere.
Infine, molte aziende non sono disposte a formare il nuovo collaboratore, perché manca il tempo, dobbiamo pensare a produrre, ecc. per cui il neoassunto deve sapersi muovere da solo già il secondo giorno di lavoro, senza piani d'inserimento o affiancamento.
P.S.: e quando si hanno tutti i requisiti in regola (laurea a Cambridge, master in linqua andina e indù, 23 anni e 5 anni di esperienza lavorativa alle spalle), poi pretendono di offrirti uno stage a rimborso spese o al massimo un co.co.pro. di un anno, perché in quel caso i requisiti non hanno più valore. |
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Portello Qualfista

Registrato: 29/09/09 15:03 Messaggi: 1594 Residenza: Barcellona
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Inviato: Mer Feb 16, 2011 6:48 pm Oggetto: Re: Posti di lavoro che nessuno vuole? |
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QualitiAmo ha scritto: |
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Recentemente, ad esempio, una ricerca di lavoro prevedeva 12 figure disposte ad andare all’estero e che conoscessero bene l’inglese. In Lombardia si sono candidati 120 laureati e solo il 15% di loro conosceva la lingua. Incredibile, vero?
Le imprese sono alla ricerca di persone che siano in grado di gestire un cliente, argomentare e gestire una situazione con competenza e professionalità e questi profili sembrano davvero rari.
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Si ma come fai a dimostrare che hai quelle capacità?
E poi, se le figure richieste sono sempre giovanili (sotto i 30 anni), diventa difficile pretendere che tenga testa a 8 quadri e dirigenti avversi.
a me è capitato e vi assicuro che bisogna davvero avere sangue freddo  |
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Paoloruffatti Yoda
Registrato: 26/07/08 11:05 Messaggi: 4071
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Inviato: Gio Feb 17, 2011 9:16 pm Oggetto: |
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E' questione di cultura in tutti i sensi e da entrambi i lati:
la scuola insegna sempre meno, vedi le scelte tutte politiche di fare delle scuole dei pollai con professori mal pagati, con discipline ridotte, come l'Inglese, e togliere risorse a tutte le forme di cultura vera, per prediligere insegnamenti "aziendali" tecnici, per produrre polli senza vera cultura adatti alle esigenze immediate dell'industria.
Gl imprenditori, sono contenti di queste scelte politiche e di questa visione di "addestramento", piuttosto che di "cultura", perchè non hanno né tempo né soldi da sprecare per allevare le nuove leve, secondo la eterna filosofia imprenditoriale degli "sporchi , maledetti, ma subito" (i soldi).
Mi viene in mente un colloquio fatto nel 1970 a milano con il responsabile del Personale di una grande multinazionale che diceva che ai neo assunti facevano 2 anni di formazione per scegliere i migliori e gli altri, se se ne andavano, portavano cultura in giro tra le aziende e, alla mia richiesta stupefatta del perchè, visto che questo training era costosissimo per loro, questo manager mi rispose:
1) quelli che se ne vanno, chiederanno ai loro datori di lavoro di comperare i nostri prodotti utilissimi alle aziende.
2) creando cultura diffusa sull'argomento, si calmiera il mercato degli indispensabili, creando molta offerta di figure professionali elevate, e quindi nel lungo termine ne beneficiamo di ritorno anche noi.
Oggi questo è fantascienza!
Le realtà deteriori illustrate da Mascalzone e Portello sono tristemente vere e diffuse e, quel che è peggio, sono indistruttibili .... ci vorrebbe un cambio culturale dell'intera classe imprenditoriale, o almeno dell'80% di essa, per rispettare Pareto!
Ciao |
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