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QualitiAmo - Stefania Moderatore

Registrato: 16/09/07 18:37 Messaggi: 26638
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Inviato: Ven Giu 12, 2009 8:36 am Oggetto: "Il capo arrogante risarcisca l’impiegato" |
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(Fonte: la Repubblica)
Il capo "aguzzino" paga i danni da stress. Se in ufficio arriva un kapò, «arrogante, violento, prevaricatore», se il suo fare «è un continuo e pressante stillicidio finalizzato a sminuire le capacità professionali altrui», la via di fuga non è solo imparare a resistere. La Cassazione è chiarissima, chi comanda «attivi i freni inibitori oppure paghi l’ansia procurata». In contanti e per migliaia di euro.
Ci sono molti modi per individuare i capi da mobbing. Sono quelli che umiliano i sottoposti, che fingono di non riconoscerne lo status, rubano idee e incarichi, che parlano o urlano solo per distruggerli psicologicamente. Sono quelli che fanno aumentare l’assenteismo e calare il fatturato delle aziende: secondo l’Ispels, Istituto per la prevenzione e la sicurezza, la produttività di una persona mobbizzata cala di oltre il 70 per cento.
Lo sa bene Rita C., impiegata amministrativa al tribunale di Imperia, che un bel giorno ha visto arrivare in ufficio un dirigente nuovo, Luigi D. M., in sostituzione di una funzionaria in maternità. Per cinque mesi, dal novembre 1998 al 4 maggio 1999, il suo lavoro è diventato un inferno.
«Lei è una falsa, un’irresponsabile, si vergogni!», urlava il dirigente di fronte a tutti i colleghi dell’ufficio. Non solo offese anche minacce: «Non finisce qui, gliela farò pagare».
Pianti, ansia, crisi depressive, tachicardia da stress emotivo. Lei si è ridotta uno straccio. Tanto da obbligare i medici a prescriverle un periodo di riposo, prima sette giorni e poi altri quindici di cura per allontanarla dalle vessazioni alla scrivania. Infine è scattata la denuncia.
Il capo «violento» è stato presto condannato a venti giorni, pena sospesa con la condizionale, e al risarcimento dei danni. Verdetto fotocopia in Corte d’appello a Genova nel 2005. I giudici di merito hanno inserito il caso nella fenomenologia da mobbing, che «non solo prescinde da atti quantomeno illegittimi, ma anzi spesso diparte da atteggiamenti orali e scritti assolutamente leciti anche se non dovuti».
Lui con il ricorso in Cassazione ha puntato alla prescrizione del reato e, dati i tempi della giustizia, c’è riuscito. Ma gli "ermellini" non perdonano, i supremi giudici hanno annullato la sentenza d’appello limitatamente agli effetti penali per la prescrizione dei reati, ma hanno confermato le statuizioni civili. Dunque, il capo dovrà risarcire l’impiegata per lo stress emotivo. Perché? «Appare evidente che quel comportamento avrebbe provocato le conseguenze lesive lamentate. Lui avrebbe dovuto frenarsi». La cifra è ancora da stabilire. |
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QualitiAmo - Stefania Moderatore

Registrato: 16/09/07 18:37 Messaggi: 26638
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Inviato: Ven Giu 12, 2009 8:37 am Oggetto: |
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Sempre su Repubblica di ieri c'era anche questo trafiletto: un'intervista sul mobbing |
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Stregatto Donna di qualità

Registrato: 21/09/07 10:41 Messaggi: 1668
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Inviato: Ven Giu 12, 2009 8:43 am Oggetto: |
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Ho letto anch'io i due articoli e mi permetto di segnalare l'iter che ha avuto il concetto di "stress sul lavoro":
- nel 2007 la Cassazione ha stabilito che del mobbing è responsabile anche il datore di lavoro
- nel 2008 la Corte ha sancito che si può licenziare il capo che insulta i dipendenti
In ultimo, la Cassazione ha stabilito che insultare un impiegato davanti ai colleghi vale la condanna.
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QualitiAmo - Stefania Moderatore

Registrato: 16/09/07 18:37 Messaggi: 26638
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Inviato: Ven Giu 12, 2009 10:11 am Oggetto: |
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Grazie, gatta!
Aggiungiamo anche questa nota:
(Fonte: Redazione Ambiente&Sicurezza sul lavoro)
Mobbing: è utile la testimonianza dei colleghi
La Cassazione, con sentenza n. 23923 del 10 giugno 2009 si pronuncia sulla prova del mobbing, un tema inflazionato dalle cronache ma ancora privo di una tutela univoca sul piano civilistico e penalistico, e, peraltro, di difficile dimostrazione.
Nel caso in questione una dipendente di un ufficio giudiziario aveva subito un comportamento persecutorio da parte di un superiore al punto di sviluppare uno stato ansioso depressivo, con tachicardia e stress emotivo, malattia che valse alla donna circa 20 giorni di riposo.
Nel corso del processo, i giudici di merito avevano accolto la testimonianza dei colleghi della vittima che avevano confermato l’atteggiamento quotidiano violento, aggressivo, alimentato da intemperanze, gesti di violenza e prevaricazione del superiore.
La decisione di prendere in considerazione queste dichiarazioni era stato criticato dal dirigente, ma la Cassazione accoglie la prova testimoniale dei colleghi facilitando così, per il futuro, l’accertamento delle prevaricazioni in ufficio.
Secondo la Cassazione dalla situazione complessiva emergeva uno stato di mobbing da parte del dirigente colpevole di non aver azionato i "poteri inibitori" per tenere a bada le sue intemperanze, una precauzione che ogni uomo medio, dotato di comuni poteri percettivi e valutativi avrebbe dovuto fare per evitare le conseguenze dannose. |
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